Roma: il fascino decadente dei giardini di città, di Federica Raggio
Ecco un ultimo resoconto di viaggio di Federica alla scoperta dei parchi romani.
Da milanese sono abituata a chiamare “parco” dei fazzoletti di vegetazione in centro città.
Parco Sempione, Giardini Pubblici, Parco Solari, Parco della Vetra. Forse un tempo erano parchi, ma ora solo un breve respiro e poco più. C’è però di buono che questa ridotta scala a cui sono abituata apre completamente il canale dell’impressionabile quando mi aggiro per veri parchi urbani, con tanto di Villa (altra presenza insolita per chi arriva da Milano), casini di caccia, cappelle, arredi antichi, statuarie varie in mezzo ai prati, etc etc etc
E in questo senso Roma davvero stupisce. La visione d’insieme di certi luoghi accende il motore allo sbalordimento, devia l’emozione, non si notano più le comunque presenti barbarie dell’incuria tipicamente italiane, e di fronte a certe bellezze ogni senso sublima e si fatica a connettere. Forse è questa stessa agitazione che pervadeva chi, arrivando dal nord in Grand Tour, incontrava un paesaggio davvero speciale sotto una luce spettacolare. Le incurie, anche Goethe ha sicuramente dovuto fronteggiarle; magari non sotto forma di lattina di birra o busta di plastica del vicino supermercato, ma quel senso di abbandono e trasandatezza così tipici nostri, da sempre fanno un tutt’uno con gli ambienti in cui viviamo e diventano “quasi accettabili” dove pomposissime architetture e paesaggio plateale rubano facilmente la scena a sciatteria e trascuratezza.
È la fine di agosto, una mattina di sabato. Comincio la mia passeggiata risalendo il Gianicolo, dietro l’Orto Botanico.
Prima meta il giardino di Villa Sciarra. La proprietà di questa villa urbana copre ben sette ettari (a Milano sarebbero già tutti edificati o quanto meno edificabili!). L’ultimo proprietario, Giorgio Wurts, è anche il padre dell’attuale disegno dei giardini.
Il curriculum di questa fetta di terra è di tutto rispetto : da Santuario consacrato alla ninfa Furrina in epoca antecedente a quella romana, a “Orti di Cesare” poi. Quando arriva il Rinascimento si comincia a edificare (ma all’epoca lo facevano meglio e comunque il fascino del perduto impreziosisce vieppiù) Nobiluomini, cardinali, personaggi di potere, in baldanzosa alternanza, ognuno lascia il proprio contributo … e la tecnologia aiuta ad approfondire le vicende architettoniche di questo piccolo angolo di Roma http://it.wikipedia.org/wiki/Villa_Sciarra_%28Roma%29.
Quello che mi cattura sempre sono le percezioni di un luogo, e qui, nonostante i soliti segni di trasandatezza e consunzione non proprio solo del tempo, si sente il grandissimo amore che l’ultimo proprietario ha lasciato nel ricomporre il giardino che vediamo. Tanti piccoli dettagli, uno dei più romantici è il tempietto decorativo in fondo in fondo verso il confine della proprietà. Questo punto è parecchio rialzato rispetto il livello strada, e avrebbe dovuto dare respiro a una bellissima vista; ora è una scena patetica, ma quasi commovente proprio per la sua insensatezza. E altrettanto commoventi sono la grande voliera vuota, alcuni giochi d’acqua qua è là, statue che compaiono all’improvviso tra i vialetti, il giardino topiario, la traccia di specie esotiche (soprattutto Palme) inserite per tentare acclimatamento e in questa stagione non mancano gli studenti che ripassano gli esami di riparazione seduti tra busti di marmo e pergole di Rosa banksiae.
Riprendo la via dopo un cafferino e arrivo a Villa Pamphilj di cui ho percorso solo la parte immediatamente adiacente il corpo principale. Il parco è immenso, 184 ettari ! impossibile da girare tutto in una botta.
Come molti altri parchi cittadini trae origine dalla tenuta di campagna di una famiglia nobile romana. Esisteva già nel 1600. Ora è anche la sede di rappresentanza del Governo italiano…e almeno qui possiamo ostentare una gran bella figura!
Questo è il più grande dei parchi romani e una delle “ville” meglio conservate: l’unica manomissione si deve all’apertura della via Olimpica (via Leone XIII) che ha diviso in due l’antica tenuta. Anche qui è quasi toccante vedere giovani artisti che esercitano la mano ritraendo rovine e poco più in là bimbetti che giocano a pallone con il babbo mentre le statuarie e capolavori architettonici entrano a mo’ di messaggio subliminale nel fondo delle loro memoria.
Anche in questo caso, per un po’ di storia, http://it.wikipedia.org/wiki/Villa_Doria_Pamphilj.
Sto passando al setaccio tutti i giardini di Roma, sono tantissimi, ma non ne ho mai abbastanza. Sotto il sole di fine agosto, il sole fendente d’inizio inverno o le acquazzonate di primavera, ogni volta lo scenario si lascia felicemente reinterpretare ed è sempre come la prima volta. Il fascino del decandente, quando ti piglia non ti molla più.
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