Quel gran genio di Manrique di Federica Raggio
Ecco la seconda puntata su Lanzarote di Federica Raggio. (Per la prima vedi https://www.giardininviaggio.it/lanzarote-la-marziana-di-federica-raggio)
L’amica che mi ha suggerito un giro a Lanzarote merita un doppio elogio. Il primo perché ha perfettamente intuito che le mille facce naturalistiche dell’isola mi avrebbero travolta di stupore. Il secondo perché l’entusiasmo dei suoi racconti sulle architetture di Cesar Manrique è stato il motore delle mie avventure e quel che ho trovato è stato pienamente appagante.
La fama di questo genio non è al pari della sua portata. Pittore, scultore, urbanista, architetto. Non se ne sente spesso parlare. Questa poca attenzione è in realtà un gran regalo. Fa sentire il brivido della scoperta, al pari di un viaggiatore ottocentesco, prima che la tecnologia mettesse tutto molto facilmente a portata di mano. È quasi un attimo di esclusività in un mondo troppo scontatamente noto.
Prima di andare a conoscere lui, però, consiglio di rompere il ghiaccio con la natura dell’isola. È da questa che Manrique concepisce e plasma i suoi interventi. Le sue architetture sono colate di lava condonate a uso abitativo; “abusi” ad altissimo quoziente estetico e a impatto (quasi) zero sull’ambiente. Talmente perfette che Madre Natura e Genius Loci sembrano aver incentivato l’azione di questo estroso essere offrendo la loro totale collaborazione.
Le sue architetture assomigliano a insediamenti rupestri concepiti e ritoccati da uomo sapiens-sapiens-sapiens-sapientissimo.
Non ha sbagliato un colpo! È il mago dei dettagli. È abilissimo a trasformare ogni vincolo naturale, in motivo dominante perfettamente integrato.
Il vento sempre fortissimo si converte in melodia sonora e impianto raffrescante. Tutto produce dei suoni, i tendaggi sbatacchiano come tamburi sfilacciati, i corridoi scavati nella lava lo intubano e lo ridistribuiscono ululante, le palme fanno frusciare le loro chiome mentre il tronco possentissimo rimane impassibile, i mega cactus cigolano sotto il peso di se stessi. Il mare è incessante sottofondo. Apre nella roccia finestre (che termine volgare per tagli come questi ! ) che incorniciano inquadrature all’estremo della contemplazione.
Il contributo progettuale, morale ed etico di Manrique ha permesso che il turismo di massa rimanesse fenomeno molto arginato. Lo scempio è infatti circoscritto e concentrato solo lungo la costa lato Africa. È qui, in questi insediamenti dedicati, che il turista “crema di cocco e pelle aragosta” si ingabbia felicemente. Il resto dell’isola non ha quasi consapevolezza di queste presenze e ha mantenuto inalterata la sua natura aspra e sensibile. Gli interventi di Cesar appartengono soprattutto a questi luoghi.
Jameo del Agua, Mirador del Rio, Cueva de los Verdes sono gli interventi interamente privi di edificio, sono vuoti rocciosi, naturali e non, che la natura ha ceduto alla mano forgiante del genio.Così come i percorsi carrabili del Parco Nazionale Timanfaya, che sono frutto di infiniti passi che Manrique ha percorso in mezzo a quell’inferno di lava, sabbia e sassi per tracciare insieme al Genius Loci l’itinerario percorso dai turisti a bordo dei bus, unico mezzo di accesso.
El Mirador del Río è sorprendente. Le viscere del massiccio al di sopra del Risco de Famara ad un’ altitudine di 474 metri, sono state lavorate, scavate, tagliate fino alla metamorfosi. Questo sorprendente “Belvedere” a nord dell’isola ha una vista spettacolare sulla Riserva Naturale dell’Arcipelago del Chinijo e le scogliere di Famara. È praticamente invisibile dall’esterno. Non sono riuscita a trovarlo cercandolo dalla dirimpettaia isola La Graciosa. Dalla sala del bistrot la vista è tale che si rimane a bocca aperta senza sentire l’impulso di riempirla. Anzi, ci si nutre di dettagli architettonici di rara eleganza –la scala elicoidale che collega i due livelli e anche quella secondaria più semplice ma elegantissima.
Los Jameos del Agua, insieme alla Cueva de los Verdes, si trova all’interno del tunnel lungo più di 6 km che si è formato durante l’eruzione del vulcano La Coron. Trovandosi sotto il livello del mare, infiltrazioni di acqua tra le rocce hanno formato i laghi presenti all’interno. Due ristoranti, un museo, una piscina e un auditorium per concerti di musica classica, ecco il luogo che i flintstones avrebbero voluto come meta vacanziera.
La Cueva de los Verdes dista pochissime centinaia di metri dal precedente, ed è stato plasmato dalla medesima eruzione. Museo naturale in cui grotte e sale si alternano a cunicoli e gallerie. Anche qui una sala per concerti, ma nessun angolo ristoro.
Il parco nazionale La Montañas de Fuego o Timanfaya è parte della vastissima area interessata da una delle eruzioni più spettacolari nella storia del vulcanismo scoppiata tra il 1730 e 1736, e altre minori nel 1824. La morfologia del territorio da quel momento si è modificata drasticamente e quasi un quarto dell’isola è stato sepolto da un consistente strato di lava e cenere. I percorsi sono visitabili solo con le navette del parco. Il tragitto è stato pensato passo a passo da Manrique. Il ristorante è manriquesco sotto ogni profilo, e prevede metodi di cottura altrettanto sorprendenti. Cesar ha trovato il modo di sfruttare i canali di calore del vulcano ancora attivo per alimentare la griglia di un gigantesco BBQ a vapore.
Monumento al campesino (Monumento al contadino): si trova al centro geografico di Lanzarote. Il museo è patrimonio architettonico e di cultura agricola, la scultura è un Monumento alla fertilità del suolo dell’isola. La morbidezza delle linee super 70’s che caratterizzano tutte le architetture di CM, e il bianco immacolato contrastato solo dal verde della vegetazione sono una bella metafora con la durezza della vita nei campi dei contadini lanzarotini. Museo, ristorante e bistrot sono sempre presenti in tutte i suoi lavori.
Giardino dei Cactus. Ecco un altro intervento perfettamente integrato con il paesaggio circostante. Come dice De Andrè, “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”, questo luogo, che un tempo ospitava una discarica, è ora un meraviglioso giardino botanico. Siamo nel villaggio agricolo di Guatiza, cuore delle piantagioni intensive di fico d’india. Nessun frutto, però, finisce al mercato. La pianta è il supporto-vittima sacrificale degli allevamenti di cocciniglia, parassita che la filiera trasforma nel pigmento rosso che prende il nome di rosso cocciniglia.Il giardino botanico ha una pianta spiraliforme che ricorda il cono di un vulcano e permette di perlustrare tutte le essenze – oltre 1400 specie! – in modo impeccabile da ogni inquadratura e senza perdere la testa tra le 9700 piante presenti. Molte arrivano dall’America, alcune dal Madagascar e dalle stesse Canarie.
Fondazione Cesar Manrique. La riconferma della sua folle genialità, arriva quando ci si avvicina a quel che fu casa sua. In mezzo a un campo di lava, dalle rocce prende forma un capolavoro di architettura. Si adegua alle preesistenze e integra le grotte laviche alle stanze a moduli cubiformi, tipiche di Lanzarote. Le finestre non bloccano il corso della lava, le piante selvatiche (in genere di fico) restano dove sono e le nuove stanze sono tagliate attorno a tronco e chioma. È il suo sogno di architettura in simbiosi estrema con il paesaggio.
LagOmar. Non saprei se definirla scavata o appesa sulla collina nei pressi del paesino di Nazaret. In ogni caso la vista sulla vallata toglie il fiato tanto quanto la sua presenza toglie il fiato ai dirimpettai. Omar Sharif se la regala negli anni ’70 e se la perde in un giro di bridge. Non tornerà mai più sull’isola. Anche qui Manrique modella e nobilita in maniera sorprendente la malta attorno alla roccia che all’improvviso affiora tra le pareti delle stanze, negli spazi del giardino, tra passaggi esterni e cunicoli segreti. E che felicità si prova per quella vegetazione che ha residenza stabile a questo indirizzo. Cresce, fiorisce, colonizza e insieme alle linee fluide dei percorsi ammorbidisce la durezza della pietra e aggiunge cromatismi al tema. LagOmar non solo è casa-museo e ristorante, c’è anche una porzione rimasta privata che viene affittata per vacanze da l000 e una notte. Avanti il primo!
Inselvatichita a tal punto da non riuscire proprio ad affrontare il contesto cittadino, ho accantonato l’idea di vedere l’ultimo landmark manriquesco rimasto nella lista, il Museo Internazionale di Arte Contemporanea, MIAC, nel Castello di San José, vecchia fortezza militare nella città di Arrecife. Chi dovesse girovagare per quell’isola sulle mie tracce, sono sicura capirà il motivo della mia defezione. http://www.cesarmanrique.com
Tags: Cesar Manrique, Lanzarote
nara marrucci
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Bellissimo articolo Laura! Mi hai fatto venire voglia di prendere e partire! Grazie 🙂
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