Letto per voi: Coltiviamo il nostro giardino
Coltiviamo il nostro giardino, a cura di F. Ferran, C. Mattogno e A. Metta, Derive e approdi, 2019, 159 pp, 15 euro
«Bisogna coltivare il nostro giardino»: prendiamo alla lettera la metafora di Candide che conclude il famoso racconto di Voltaire, è tempo di osare nuovi paesaggi.
Il pregio di questo libro è quello di fornire spunti per riflessioni più approfondite, di donarci tante diverse piste di indagine per rispondere al quesito su quale possa essere il nuovo modello di città che consenta una interazione tra tutte le forme del vivente in un ambiente nel quale siamo tutti collegati.
Un dialogo tra tanti esponenti della cultura legata al paesaggio, italiani e francesi, di differenti discipline, tra paesaggisti, architetti, urbanisti, geografi, sociologi, filosofi, artisti.
Cito solo alcuni passi che mi hanno colpito.
In “Teoria della metamorfosi” Emanuele Coccia propone il modello della metamorfosi in alternativa ai due modelli che in prevalenza affrontano la trasformazione e il cambiamento, che sono la conversione e la rivoluzione. La prima “seduce: dimostra e testimonia al soggetto la propria onnipotenza; il secondo è invece il mondo che cambia”. In entrambi i modelli “il soggetto contempla la propria potenza.” “In una metamorfosi la potenza che ci attraversa e ci trasforma non è affatto un atto cosciente e personale della volontà”. Quello che ci suggerisce Coccia è di prendete “il bozzolo come il paradigma… del semplice essere al mondo… E la Terra nella sua totalità non è che un immenso bozzolo che impedisce ad ogni soggetto di compiacersi nella sua potenza”.
Interessanti le considerazioni di Pierre Donadieu che sottolinea come a partire dagli anni Duemila emerga un “interesse a costruire le città non solo attraverso l’architettura ma anche attraverso il paesaggio, e, in particolare, attraverso la natura coltivata, boschiva e spontanea” E cita i progetti di Chemitoff a Nantes, quelli di Desvigne a Bordeaux o dell’Agence TER a Strasburgo.
“Nel XXI secolo, l’idea di natura in ambito urbano è diventata pluralistica; designa cioè sia ambienti boschivi e agricoli , sia ambienti spontanei o giardini”.
Interessanti anche le considerazioni sull’innovazione digitale a sostegno dell’abitante-giardiniere delle città: Fratini e Carrè segnalano rispettivamente l’esperienza della piattaforma bolognese GAIA e della francese Végétalisation Paris, utili strumenti di informazione e comunicazione per raggiungere il pubblico più vasto possibile.
Franco Panzini ci rimanda a sua volta ai giardini pensili di Babilonia nei quali a suo parere si univano “due concetti divergenti ma a noi cari: il senso della città densamente costruita e quello della naturalità a portata di mano”.
Gli autori del volume: Cristina Bianchetti, Nathalie Blanc, Catherine Carré, Eric Cassar, Veronica Cavedagna, Laura Centemeri, Emanuele Coccia, Jean-Noël Consalés, Pierre Donadieu, Fabiola Fratini, Alberto Giustiniano, Mathieu Gontier, Giovanni Leghissa, Mathieu Lucas, Dominique Marchais, Franco Panzini, Paolo Pileri, Nelly Pons, Carlo Ratti, François Vadepied, Stéphanie Wyler.
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