Letti per voi: Biodiversi di Mancuso e Petrini
Biodiversi, Stefano Mancuso e Carlo Petrini, Giunti – collana Slow Food, 2015, 123 pp., 10 €
Un dialogo tra due personaggi che pur differenti nella formazione sono accomunati da una grande sensibilità per la tutela della natura, della terra e preoccupati degli scenari che ci si presentano nella generale miopia: un confronto fra scienza botanica e gastronomia per una nuova visione della Terra e del ruolo dell’uomo.
Entrambi concordano che ci troviamo ad affrontare una crisi entropica, causata dal nostro stile di vita, dalle nostre scelte produttive e che per uscirne occorre cambiare il nostro paradigma.
Secondo Mancuso ci troviamo ad affrontare una sorta di seconda rivoluzione copernicana: se con Copernico e Galileo avevamo scoperto che la terra non è affatto il centro dell’universo, oggi c’è da augurarsi che venga mutata la nostra comprensione del rapporto dell’uomo con gli altri esseri viventi: “L’uomo non deve essere più il centro della vita attorno al quale gli altri organismi viventi ruotano, ma soltanto uno dei componenti del sistema”. D’altra parte proprio perchè non riusciamo a comprendere il nostro ruolo nell’ecosistema non siamo in grado di riconoscere il livello di dannosità a cui la nostra specie è giunta!
Un metro per giudicare il successo degli organismi viventi è la loro capacità di propagarsi meglio e di più degli altri. Seguendo questo parametro gli animali in senso lato sono in pratica ininfluenti sul nostro pianeta dove il 99,7% di ciò che è vivo è costituito dalle piante con la consguenza che una loro sparizione significherebbe la scomparsa della vita sulla terra.
Mancuso parla a questo proposito di “etica della natura”, cioè di un rapporto non predatorio ma benevolo nei confronti della natura.
Per Petrini infatti “Viviamo in un mondo dominato dalla primogenitura dell’economia e della scienza, dove non c’è più traccia di una visione olistica, capace di allargarsi all’etica, alla spiritualità”.
Anche per Mancuso la mancanza di una visione sistemica è un tema fondamentale. Infatti i biologi molecolari, che sono la maggior parte di coloro che studiano le piante, non le studiano nella loro interezza ma indagano singoli aspetti di relazioni genetiche o di interazioni molecolari. Per capire davvero “cosa fa una pianta, di cosa ha bisogno, di quali sono le sue relazioni con le altre piante o con gli animali, è bene rivolgersi ad una persona che le coltiva, le alleva e ci vive assieme anzichè a un biologo molecolare”. La visione olistica, inoltre, è la sola che ci permetterebbe – a parere di Petrini – di superare la contrapposizione tra la scienza e il sapere tradizionale, per poter arrivare ad una visione più ampia e meno settaria.
Inoltre per Mancuso oggi “l’insieme è studiato più da un punto di vista filosofico-umanistico che scientifico…e questa è davvero una deriva sbagliata”; bisogna seguire il modello di Darwin che che utilizzava quello che oggi chiameremmo un approccio sistemico.
Il dialogo tra Mancuso e Petrini permette di avvicinare la gastronomia e la scienza vegetale. Secondo Mancuso infatti la rete di Terra madre e la serie di presidi di Slow food sono fatti proprio come una pianta, che a differenza dagli uomini e degli animal, che hanno una struttura centalizzata e gerarchica, è invece costituita da una serie di moduli che si ripetono senza nessun organo centrale. E’ così che il mondo vegetale può essere assunto come modello del moderno.
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