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Il blog di Laura Pirovano: appunti di viaggio, segnalazioni di giardini, proposte di plant design

Cucina naturale e fotografia di paesaggio a La Cassera, nel Monferrato

Vi segnalo e vi raccomando due prossime iniziative che in modi diversi hanno a che fare con i temi del mio blog: la cucina naturale e la fotografia di paesaggio.
Intanto due parole sul luogo dove si terranno i corsi: La Cassera è una deliziosa locanda di campagna inserita in un contesto paesaggistico molto dolce e piacevole, quello delle colline del Monferrato, nei pressi di Acqui Terme, i due proprietari Liliana e Dario due persone che hanno il pregio di accogliere con cura e simpatia gli ospiti e poi tanti animali: oltre a Pepa, un quasi labrador nero e Gina, una simpatica gattina, i cavalli su cui è possibile montare anche per fare qualche piccola passeggiata.
La Cassera, Castelletto d’Erro (Alessandria), mail info@lacassera.it, www.lacassera.it, tel 0144/41650

L’weekend del 16-18 settembre Michele Maino, giovane chef diplomato al Cordon Bleu di Parigi che interpreta con linguaggio creativo i temi della macrobiotica, terrà un corso di cucina naturale facendo sperimentare ai partecipanti la preparazione del seitan, i modi di cottura del riso integrale, l’uso di tofu, alghe…e molto altro. Io ho seguito il corso che Michele ha fatto la primavera scorsa e l’ho trovato molto interessante e anche divertente. Da allora ho preso l’abitudine di usare le alghe e ho sperimentato con successo alcune ricette, ma soprattutto ho scoperto come possono essere gustosi e attraenti piatti che sono sani e che ci fanno stare meglio.

L’weekend 14-16 ottobre sarà la volta della fotografia con il fotografo Enrico Minasso. Mi sembra intrigante che la proposta dell’workshop sia di affrontare non tanto gli aspetti tecnici della fotografia ma, cosa assai più difficile e anche appassionante, come leggere con occhi diversi il paesaggio che ci circonda.

A proposito di Maxxi e Macro. Rita Sicchi architetto paesaggista

E’ certo che la quantità (pare 40.000 mq) e la qualità degli spazi espositivi funzionanti nella capitale sono ragguardevoli e il confronto con la presupponente pochezza milanese in questo settore, mi rattrista sempre un po’. Tant’è, Maxxi e Macro sono spazi espositivi invidiabili per immagine e per funzionalità.

Maxxi, anche se realizzato solo in parte rispetto al progetto, appare come un’architettura straordinaria, nata da un “movimento”, da un segno flessuoso e armonico che si adagia e si insinua nel tessuto urbano, con le sue superfici chiare e luminose. Forme curve, realizzate con strutture in cemento armato a vista, vetro e acciaio, che integrano interno ed esterno in un dialogo senza interruzione di continuità. La progettista Zaha Hadid ha dichiarato l’intento di costruire un “campus urbano aperto alla circolazione pubblica”, un luogo di fruizione invitante, e così esso appare, per le sue linee formali e la distribuzione funzionale.
L’interno è strutturato con una grande hall a tutta altezza intorno a cui ruotano gli spazi. Non è organizzato per un itinerario prefissato come il Guggenheim di New York , ma la rete di percorrenze si presta a variazioni, non è fatta per ritornare sui propri passi, ma offre una molteplicità di visuali e scenografie arricchite dalla luce diretta proveniente dalla copertura completamente trasparente e dalle ampie vetrate.
In tutto ciò l’architettura trova anche delle interessanti integrazioni con opere di scultura-design, come i proiettori rossi appesi alla struttura interna di Maurizio Mochetti, o la presenza del grande imbuto nero di Anish Kapoor o l’affresco di Sol Levitt.
Un’architettura forte e originale che si presta ad accogliere opere ed installazioni con la flessibilità e l’adattabilità consona ad un museo di nuova concezione.
Altra cosa sono, ahimè, i difetti di gestione già descritti da Laura.

A. Kapoor, Widow

Sol LeWitt, Wall drawing

Il Macro, di Odile Decq, si presenta come un garbato e geniale intervento di integrazione e recupero di una struttura esistente (ex stabilimento Peroni), parte di un isolato inserito in un contesto urbano consolidato della città. Quindi un progetto con molti vincoli, risolto in maniera impeccabile.
Le parti nuove si intersecano a quelle recuperate in un linguaggio architettonico fresco, originale e molto raffinato.
Contrasti di colori, bianco, nero e rosso, usato per i materiali di costruzione degli interni, bei giochi di luci e trasparenze con l’utilizzo vi vetro e acciaio, la discreta presenza di tocchi di verde naturale per effetto delle cime degli ailanti visibili anche dall’interno della struttura.
Anche in questa realizzazione è interessante il rapporto tra gli spazi interni e quelli vuoti all’aria aperta, una grande terrazza polifunzionale a copertura dell’edificio ricostruito, una galleria trasparente a congiungere le diverse parti del museo.
Per una sosta ho trovato ragguardevole da tutti i punti di vista anche lo spazio bar! Insomma, direi che al Macro architettura e gestione risultano in piacevole assonanza.
Buona visita a tutti.

Macro di Odile Deck, particolare degli interni

Macro, interno-esterno

Macro, Galleria trasparente

Roma: Maxii e altre nuove architetture

A fine luglio ho fatto una breve escursione a Roma per vedere le nuove architetture, dall’Auditorium di Renzo Piano fino ai più recenti musei il Macro – ampliato da un intervento stupendamente integrato alla struttura preesistente che sorge negli ex stabilimenti Peroni fino al Maxii, il nuovo museo di arte e architettura firmato da Zara Hadid.

Lasciando a Rita Sicchi- l’amica architetto che ha condiviso con me questa piccola esplorazione – il compito di raccontare il suo punto di vista sulle architetture, io mi soffermerò a segnalare, corredandoli da brevi flash di immagini, alcuni aspetti che riguardano gli esterni degli edifici, il disegno dei percorsi e alcune interessanti installazioni di paesaggisti.
La nuova ala del Macro – opera dell’architetto francese Odile Decq – colpisce per la sobrietà del progetto, per la coerenza nella scelta dei materiali e per la perfetta integrazione con la struttura preesistente; mi è molto piaciuto il piccolo cortile di ingresso coraggiosamente punteggiato da alcuni esili esemplari di ailanto che si stagliano come leggere sculture che si alzano dalla terra rivestita di ciottoli bianchi e fiancheggiano il percorso a zig zag di cemento.

Cortile di ingresso al nuovo Macro di Odile Decq

All’Auditorium di Renzo Piano ho trovato molto poetico l’angolo in cui un unico grande ulivo si staglia tra le pareti di mattone su un letto di edera.

Vasi con stipa all'esterno dell'Auditorium

Particolare di una delle tre strutture con il tetto rivestito di piombo

Il Maxii di Zaha Hadid è una struttura architettonica potente, flessuosa e avvolgente, un contenitore che si impone come un’opera d’arte e che avrebbe richiesto, a mio parere, altrettanta genialità e creatività nella delineazione dei percorsi interni alla scoperta (assai difficile) delle poche (5) opere permanenti e alla ricerca delle esposizioni temporanee. Purtroppo, da un lato non è assolutamente chiaro quali siano le caratteristiche della collezione (ad esempio gli archivi di architettura ai quali – stando alle informazioni pubblicate sul sito del museo – ci si aspetterebbe di poter accedere sono in realtà in un’altra sede e visitabili solo su appuntamento), dall’altro la collocazione delle opere e delle esposizioni temporanee è assolutamente demenziale e costringe il visitatore ad un estenuante girovagare senza costrutto. Peccato: un’altra occasione mancata che però non dioende assolutamente dal progetto architettonico, ma dalla direzione del museo.
Ho trovato veramente sapiente il disegno dei percorsi all’esterno dell’edificio che corrispondono in maniera armoniosa alla struttura curvilinea del complesso e che delimitano uno spazio outdoor che consente una piacevole fruizione. Perfetta per questo spazio l’installazione temporanea “Whatami” dello Studio staRTT, vincitrice di un concorso indetto da Macro e Moma di New York, che si presenta come un arcipelago di aree verdi, la principale più grande costellata da giganteschi fiori in acciaio e resina che forniscono ombra durante il giorno e luce di notte e altre più piccole tutte disseminate nell’area esterna al museo.

Il complesso del Maxii

La trama dei percorsi nello spazio esterno

Vista d'insieme dell'installazione dello studio staRTT con le piccole isole verdi e sullo sfondo la grande isola con sedute di legno e grandi fiori rossi

Particolare dei fiori-lampade in acciaio e resina rossa

Sullo sfondo particolare delle sedute di legno su piccoli rilievi inerbiti.

Ingresso al museo con il bel gioco di alternanza cemento e ghiaia bianca nei sentieri di accesso

All'interno forme sinuose e come colori bianco e nero: qui una nota di rosso dell'opera di Mochetti "Rete di luce nell'iperspazio curvilineo"

"Stolen paradise" di West8: un bosco composto da sagome bianche di alberi trasparenti che dialogano poeticamente con la luce degli interni.

Sempre a firma di West8 una sfilata di ceppi di albero in acciaio corten.

Molto interessante la disposizione dei pioppi cipressini in file diagonali all'esterno del museo.

Ancora letture per l’estate: a proposito di Eva e Mario Calvino

Due libri che ruotano intorno a quegli straordinari personaggi che furono Eva Mameli e Mario Calvino, i genitori di Italo, grandi botanici e agronomi

Il primo libro “250 quesiti di giardinaggio risolti”, pubblicato da Donzelli lo scorso giugno (187 pp. 19.50 euro) è un esempio di come dovrebbero essere i manuali di giardinaggio: competenti, chiari, sintetici e pragmatici. La pubblicazione raccoglie – ordinandole intelligentemente per temi in modo da agevolarne la consultazione – le risposte alle lettere dei lettori della rivista “Il giardino fiorito”, richieste di informazioni e di consulenze di appassionati molto competenti a dir la verità. L’editore Donzelli riporta così alla luce un testo che era già stato pubblicato nel 1940 da Paravia e che a mio avviso è ancora un prezioso strumento a supporto dell’attività dei giardinieri hobbisti e non. Colpisce davvero la chiarezza, la pertinenza delle risposte che sono così lontane dal tono un pò vacuo ed enfatico di tanta pubblicistica odierna. Vengono affrontati un pò tutti i problemi che si possono incontrare nel giardino, da quelli più minuti, come la terra adatta ad un certo tipo di pianta, alla scelta di alberi con forme ricadenti, a quali fiori sono adatti per un certo periodo dell’anno.

L’altro libro è l’ultima creazione di Elena Accati che da quando è andata in pensione dal suo incarico universitario è diventata una scrittrice molto prolifica anche nella letteratura di divulgazione e di educazione ambientale per i piccoli (vedi il delizioso “Avventure nel bosco. 20 storie con radici” e l’ultimo “Veleni e pettegolezzi fra piante” ).
Si tratta di “Fiori in famiglia: storia e storie di Eva Mameli Calvino”, Editoriale Scienza, 91 pp., 12 euro dedicato per l’appunto alla vita di una donna molto speciale, personaggio anticonformista, di forte temperamento e dominata da una grande passione per la ricerca nei settori della botanica, della fisiologia e della biologia. Elena Accati, che tra l’altro ha avuto la possibilità di conoscerla personalmente, ne ripercorre la vita e ne tratteggia un ritratto appassionante.

Appello di Fedrighini per raccolta di firme

Pubblico qui di seguito un appello di Fedrighini per una raccolta di firme per sostenere la sua candidatura all’AMAT – Agenzia Mobilità Ambiente e Territorio del Comune di Milano

Cari Amici,la nuova amministrazione ha revocato diversi incarichi all’interno delle società direttamente controllate dal Comune di Milano e si appresta a pubblicare nuovi bandi per le nomine. Una di queste società è l’AMAT (Agenzia Mobilità, Ambiente e Territorio, formata da un pool di esperti multidisciplinari) alla quale il Comune affida da dieci anni tutti i principali strumenti di pianificazione e programmazione in materia ambientale (Piano Urbano della Mobilità, Piano Generale del Traffico, Piano Clima, ciclabilità, ecc.).E’ uno snodo centrale per quanto riguarda la conoscenza, le competenze e lo sviluppo delle politiche ambientali su scala urbana.Oggi viene pubblicato il bando per selezionare il nuovo Amministratore della società. Ho intenzione di presentare la mia candidatura ma per poterlo fare ho bisogno del vostro fondamentale aiuto e il consueto passaparola.
Le candidature possono essere presentate da: consiglieri comunali, ordini professionali, enti… oppure sottoscritte da almeno 100 cittadini milanesi (con documento di identità, come ai tempi della raccolta firme per i referendum). Ho optato per quest’ultima soluzione, la più complicata ma che reputo la migliore per due ragioni.
La prima, di natura generale. Si è aperta una fase importante e delicata nella storia della nostra città, ricca di speranze che non possiamo deludere, centrate sulla partecipazione civica alla cosa pubblica. Questo significa che il cittadino non viene chiamato a votare ogni cinque anni e poi rimandato a casa, ma rimane parte attiva e coinvolta nelle scelte più delicate che riguardano il futuro della città. Anche ­ come nel caso in questione ­ nella scelta delle persone da candidare per incarichi operativi significativi per la qualità delle politiche ambientali milanesi.
La seconda, più personale. In questi anni abbiamo svolto insieme un lavoro importante che ha permesso di mettere in primo piano, nell’agenda politica milanese, la crisi ambientale milanese come problema prioritario da affrontare (dalla vertenza avviata in Commissione Europea per l’inquinamento atmosferico e la tutela della salute pubblica a Milano, alla tutela del territorio, fino alla straordinaria esperienza vittoriosa dei cinque referendum cittadini); tutto questo ha contribuito non poco alla vittoria finale della coalizione di Pisapia, che del cambiamento ha fatto un punto fermo del proprio programma elettorale. Adesso il tempo delle promesse e delle suggestioni è finito: occorre governare bene per dimostrare concretamente ai milanesi che hanno avuto ragione a scegliere il cambiamento. E’ tempo di fare.
Metto a disposizione la mia esperienza per contribuire a migliorare Milano, mantenendo però il rapporto diretto che ho con voi, con i cittadini, unica autentica risorsa sulla quale posso contare e di cui vado fiero.
Vi chiedo quindi di darmi una mano, firmando, raccogliendo firme e facendo circolare il modulo fra quante più persone possibile.
MI RACCOMANDO: per firmare e’ indispensabile risiedere a Milano e avere con sè il documento di identità, o almeno il numero identificativo della carta di identità.
Per queste ragioni vi chiedo un particolare sacrificio: fate il possibile per essere presenti (e per diffondere il passaparola) al tavolo di raccolta firme per la mia candidatura in Amat LUNEDI 25 LUGLIO, dalle ore 17 fino alle 20, presso il chiosco di piazza S.M. Nascente (fermata M1 QT8, uscita a sinistra, accanto alla giostra).

 

Verde in ringhiera: l’unione fa la forza!

Pubblico volentieri- con un piccolo corredo immagini – una simpatica cronaca scritta dall’amica agronomo-paesaggista Francesca Oggionni che l’altra sera è andata ad un “aperitivo di ballatoio” organizzato dalla paesaggista Giusi Rabotti che con il suo esempio ha coinvolto i vicini in una esperienza di giardinaggio che ha trasformato i ballatoi in un giardino comune molto piacevole e strumento di socializzione “verde”.

Anche su un ballatoio il verde serve per fare amicizia di Francesca Oggionni
Questa sera, un po’ per curiosità un po’ per ritrovare una cara amica ho partecipato a una iniziativa davvero carina: una festa sul ballatoio. Ero davvero incuriosita dai racconti che mi aveva fatto Giusi e ho voluto vedere di che si trattava.
In una vecchia casa di ringhiera della Milano dei Navigli, con tante persone che abitano proprio porta a porta, si è andata diffondendo la passione per il verde. Tanti anni fa, ricordo che solo Giusi aveva disposto ordinatamente, ma con un guizzo di fantasia, alcune piantine in vaso lungo la ringhiera del tratto di ballatoio di fronte al suo appartamento. Erano solo un paio di bossi a palla, la sua passione, e un paio di dafne, piantina piccola ma molto profumata che allevava, come dice oggi lei stessa, perché quello era il periodo “che ero impallinata con le dafne”. Oggi mi si è presentata una immagine completamente diversa: Rhyncospermum sui montanti delle ringhiere, sfere di bosso che si alternano ai grigi argentei di elicriso e di Convolvolus cneorum, agli azzurri dei fiori di Plumbago capensis, al verde allegro e deciso del mirto su cui risaltano le fioriture stagionali di cuscini di piccole violette o piccoli ciclamini o steli di lavande blu nella varietà Hidcote. A tutti i piani sono presenti , un po’ qua un po’ là vasi che nel loro complesso però costituiscono una sistemazione unica: sembra quasi che ci sia stata la mano di un regista comune. Tutti i piani si sono arricchiti di un simpatico put pourri di fiori, piante annuali e perenni, coloratissimi plumbago e lucide gardenie, Hybiscus, Mandevilla, edere ricadenti. Con le piante si sono costruite cornici alle finestre, mascheramenti sottili, archetti leggeri che attraversano la balconata: ognuno con piante diverse ha saputo interpretare il suo giardino.
E poi un filo teso fra due ferri della ringhiera reggono una viticella o un glicine facendoci ripensare tutto quanto diciamo sulla necessità di spazio per le piante!
I ragazzi presenti alla festa mi hanno raccontato di storie buffe come quella del signore anziano che dopo aver visto qualcuno iniziare a disporre delle piante lungo la ringhiera ha piantato in due vasetti piantine piccole e quasi patetiche , ma il segnale era chiaro: anche lui ci stava a questo gioco.
Sul ballatoio ci sono tanti esperimenti, ci si confronta e si sentono discorsi tipo: “questa qui all’ombra non viene bene dovrei spostarla , tienila tu che hai più sole durante il giorno”.
Anche al piano terra, forse in modo ancora un po’ naif, c’è del verde comune contenuto in fioriere a costituire piccole stecche di allori ben potati che sono i separè necessari a dare una delimitazione agli onnipresenti bidoni della spazzatura e alle numerose biciclette depositate.
E in questo clima di simpatica e semplice allegria ci siamo ritrovati a sbocconcellare splendide polpettine, delle ottime trofie al pesto e a gustare le pesche con menta e limone. E i vari partecipanti hanno riferito del loro nuovo hobby, nato un po’ per caso un po’ grazie a qualche consiglio del vicino. “Dapprima avevo piantato dei gerani ma mi hanno sconsigliato e sono così passato a perenni più carine anche durante la stagione invernale” mi ha detto Massimo. “ Le piantine ce le siamo passati l’uno con l’altro e oggi sono davvero tante , c’è persino questa serie di vasetti di aromatiche, la mia passione “ mi riferisce Rossella, avvocato e grande amante, con Paola di rose e artefici dell’uso di falsi gelsomini ai diversi piani dell’edificio.
“Un disordine ordinato tra panni stesi e arbusti composti perché lo spazio non è tanto e altrimenti ce li fanno togliere”, mi dice Luca.
E così una piantina regalata o un vaso ormai in disuso sono diventati elementi per creare un’ allegra amicizia.
Mi è piaciuto questo clima conviviale di aperto confronto senza gara e senza mai dire questo è il mio giardino , perché coscienti che ciascuno è una parte del tutto e che il tutto è più bello se ciascuno mette il proprio in gioco.
Giusi ha forse ceduto il primato per numero di vasi ma credo abbia raggiunto in modo “naturale” il suo obiettivo e mi confessa “ quando torno a casa mi sembra tutto un unico giardino”.

 

Terrificante: strage di delfini nella civile Danimarca

Apprendo ora via mail che ogni anno nelle isole Feroe, in Danimarca,  si tiene una agghiacciante esibizione di forza muscolare e di coraggio (si fa per dire), una sorta di iniziazione di giovani maschi che massacrano centinaia di delfini calderones, una specie molto intelligente e socievole.
Un paio di immagini per documentare questo orrore che va denunciato assolutamente

A proposito del dibattito sulle destinazione dei terreni dell’Expo

Ho trovato molto puntuali e lucide le riflessioni di Enrico Fedrighini a proposito del dibattito sul post Expo e sulla destinazione dei suoi terreni; per questo motivo pubblico integralmente qui di seguito la lettera da lui inviata recentemente

Cari Amici,
sto ricevendo diverse mail sulla vicenda Expo; l’ultima in ordine cronologico, di Stefano C., sintetizza un umore diffuso e si conclude in questo modo: “…a festeggiare saranno sicuramente i costruttori, non i tanti cittadini come me che credevano in un cambio di rotta radicale rispetto alla Moratti, e credevano in una tutela del verde, non nell’ ennesima colata di cemento… E i referendum consultivi? Io la sera che si è vinto le elezioni ero in Piazza Duomo a festeggiare, è stata una delle giornate più gioiose della mia vita… siete riusciti a rovinare un sogno ! Sinceramente : dovessi tornare indietro voterei 5 Stelle, gli unici veramente coerenti. Mi piacerebbe sapere il suo parere in merito. Grazie e Buona serata. Stefano”L’accordo di programma fissa, per il post-Expo, un indice di edificabilità (0.52 mq/mq) e la superficie riservata a parco (almeno il 56 per cento). “E’ un regalo ai costruttori, una colata di cemento su Milano”, gridano in molti. “Il vento ERA cambiato”, aggiunge sarcasticamente il Fatto Quotidiano.Ho sempre avuto un approccio pragmatico alle cose, preferendo valutare nel merito le questioni e lasciando volentieri ad altri gli slogan e le frasi da propaganda. Se una scelta è utile o sbagliata per Milano, lo è indipendentemente dal fatto che sia promossa da un’amministrazione di destra o di sinistra. Agivo e pensavo così quando governava il centrodestra, non vedo perché dovrei cambiare atteggiamento ora che governa il centrosinistra.Per questo ripeto oggi le cose che ho più volte ripetuto in aula.Sono profondamente convinto che il futuro dell’area Expo sia una scelta urbanistica di valore strategico per il futuro di Milano: parlo di “futuro”, cioè di quello che rimarrà alla nostra città dopo la rassegna universale, perche la cosa mi appassiona molto più della manifestazione espositiva in sé.Ma una scelta urbanistica non si esaurisce nel determinare gli indici edificabili in una determinata area: per fare questo è sufficiente uno studente di ragioneria al secondo anno.L’urbanistica è qualcosa di un po’ più complesso e meno banale, perché ha l’ambizione di immaginare, sviluppare e collocare determinate FUNZIONI in un’area. E sono proprio quelle funzioni che trasformano, in meglio o in peggio, il volto della città. Esistono scempi urbanistici insanabili e che gridano vendetta, realizzati con indici volumetrici molto bassi; e viceversa. Il punto è un altro, e mi pare che nessuno di coloro che lanciano sospetti e paure (legittime) di una possibile speculazione immobiliare vi stia prestando la dovuta attenzione.Questa rappresenta, secondo me, la questione centrale perché da essa – non dalla sottoscrizione dell’Accordo di programma – dipende il rispetto del pronunciamento dei milanesi nei Referendum propositivi.L’area Expo è interclusa e connessa direttamente alle principali reti di trasporto esistenti: è collegata alla linea ferroviaria Torino-Milano, al corridoio di Alta velocità Torino-Milano-Venezia, al sistema tangenziale nord-ovest, alle autostrade Torino-Milano e Autolaghi (Malpensa), alla linea ferroviaria che conduce al valico svizzero del Sempione-Loetschberg. Non esistono nel Nord Italia (e ne esistono poche anche in Europa) aree paragonabili a questa sotto il profilo dei collegamenti con i corridoi infrastrutturali strategici.Che ne facciamo del futuro di quest’area (parlo della quota edificabile), una volta smontati gli stand e mantenuto la superficie prevista a parco? La solita, monotona, spaventosa distesa di torri residenziali, giardinetti condominiali con statuine di Biancaneve e i sette nani, megacentri commerciali con migliaia di parcheggi annessi?Oppure Milano – questa è la mia speranza – riuscirà a pensare anche a qualcosa di diverso e un po’ più utile? Nella nostra città, nel cuore di aree residenziali, esistono ancora diverse aree occupate da officine, aziende, laboratori, magazzini e depositi, pubblici e privati, che svolgono attività spesso anche insalubri o rumorose: si tratta di grandi spazi urbani sottratti ad un uso pubblico. Perché non pensare di realizzare nell’area Expo, a cavallo fra tangenziali e ferrovia, un distretto attrezzato nel quale trasferire e concentrare queste attività economiche (offrendo i servizi di cui necessitano), liberando contestualmente le equivalenti aree a Milano per trasformarle in parchi fruibili di quartiere, biblioteche, aree attrezzate, servizi ai cittadini? In questo modo i benefici del parco Expo si moltiplicherebbero in tanti parchi e servizi pubblici diffusi nella città, in prossimità delle zone residenziali. Ancora: esiste in città il problema del trasporto merci; le strade urbane sono ormai il “magazzino diffuso” dove le merci corrono a bordo di camion e furgoni congestionando la viabilità e avvelenando l’aria. Perché non pensare di collocare proprio nell’area Expo (servita da autostrada e ferrovia) un distretto-merci a servizio sia della distribuzione cittadina (magari su veicoli elettrici) sia del trasporto e smistamento di lunga percorrenza?Non mi scandalizza il fatto che alla fine qualcuno ci guadagnerà da queste operazioni immobiliari: succede così anche a Berlino o a Londra e francamente non conosco al mondo nessun operatore immobiliare filantropo. Ciò che fa realmente la differenza – e ciò che è mancato a Milano negli ultimi 18 anni – è un’Amministrazione locale in grado di indirizzare le grandi operazioni immobiliari a beneficio di un miglioramento generale della qualità della vita urbana.Io credo che questo sia possibile, nei mesi e negli anni che ci separano da Expo.
Da queste scelte, da questa visione della città, dalla capacità di assumersi la responsabilità di cambiare davvero strategia di sviluppo della città (non dal banale calcolo degli indici) valuterò l’operato di questa amministrazione. In modo rigoroso e inflessibile. Ma lasciando da parte gli slogan, che servono a poco.
Un caro saluto a tutti,
Enrico Fedrighini

Il bilancio della giunta Moratti sul verde a Milano. La risposta di Francesco Borella alla lettera di fine mandato di Flora Vallone

Mi sembra utile pubblicare sia la lettera di fine mandato che Flora Vallone ha scritto su Arcipelago Milano sia la risposta lucida, pertinente e giustamente indignata di Francesco Borella. 

NO, FLORA VALLONE. IL VENTO E’ CAMBIATO

12-7-2011 by Francesco Borella

Che tristezza, leggere su Arcipelagomilano quella patetica pagina di pubblica autodifesa, di excusatio non petita, di autocelebrazione (e in definitiva di autogol) di Flora Vallone. Perché alla fine della lettura la reazione non può essere che: bravo Pisapia, bravo Corritore, c’è davvero bisogno di aria nuova. Ha dato supporto tecnico al peggior assessore al verde del Comune di Milano, a memoria d’uomo, le cui politiche e i cui risultati e slogan i cittadini milanesi hanno già bocciato; eppure sembra non rendersene conto.
Ancora ‘sta storia dei nuovi alberi. Ne ho già parlato tante volte su ArcipelagoMilano (ho perfino paura che i lettori abituali ne siano stufi), sempre mettendola un po’ sul ridere, perché in effetti non mi pare una cosa seria; dai 400.000 promessi da Albertini, alla fine del secolo scorso, in poi; ma in fondo, fin che ne parla un sindaco, passi. Quattro anni fa invece il discorso dei 500.000 nuovi alberi veniva spacciato come obiettivo dell’amministrazione. Chi si occupa di verde sa che il valore e la qualità del verde è un’altra cosa, dipende da altri fattori e altri equilibri, anche dall’equilibrio dei vuoti e dei pieni, in cui anche le grandi radure “vuote” (vedi Parco Nord) possono avere un peso e un valore essenziale.
Ma, anche a voler prendere sul serio questo discorso ragionieristico, a Milano 500.000 nuovi alberi ci potrebbero forse stare, solo a patto di fare davvero tutti i nuovi parchi di cintura disegnati sulla carta, tutti i raggi verdi e soprattutto il Parco Sud e le sue “teste di ponte” urbane: e allora il centro dell’attenzione si sposterebbe ovviamente sul disegno strategico d’insieme, sul sistema delle connessioni e sui progetti specifici dei singoli parchi, sulla loro estensione, i loro caratteri e le loro qualità ambientali e paesaggistiche, e non certo sul numero di alberi impiegati.
Nossignori, oggi ci vengono a dire che ne hanno già piantati 70.000. Non abbiamo difficoltà a crederlo. Potremmo infatti fare l’elenco dei luoghi snaturati appunto dai troppi nuovi alberi, infilati a forza dove sarebbe stato meglio non metterli affatto, lasciare spazi liberi per il gioco, rispettare l’alternanza preesistente dei vuoti e dei pieni, del sole e dell’ombra. Ma i bilanci statistici, e la necessità di rispettare gli obiettivi di fine mandato, cui magari sono vincolati i premi di produzione, si sa, hanno le loro esigenze; e impongono d’infilare nuovi alberi ovunque possibile, anche dove non avrebbero alcuna possibilità di sopravvivere.Seconda questione: chi ha fornito all’Assessore il supporto tecnico per la cacciata di Italia Nostra dal Parco delle Cave? (pardon, per essere precisi, ma la sostanza non cambia: per costringere Italia Nostra a rinunciare al Parco delle Cave). Anche questa ai cittadini milanesi non è piaciuta affatto. Il Parco delle Cave era stato affidato a Italia Nostra nel ’97, quando non solo non riusciva a decollare, ma era diventato luogo ingestibile, infrequentabile, pericoloso, più noto come luogo di spaccio che come giardino pubblico; ed era stato affidato a Italia Nostra grazie ai positivi risultati dell’esperienza del Boscoincittà, prossimo e confinante con quello delle Cave, realizzato dal nulla da Italia Nostra a partire dal ’74, su area avuta in concessione dal Comune, dapprima di trenta ettari e poco a poco ampliata e arricchita di verde, di percorsi, di natura, fino all’attuale ben nota e apprezzata condizione.Nei primi nove anni della convenzione, il CFU (il Centro di Forestazione Urbana, il braccio operativo e “centro studi” di Italia Nostra per il settore del verde) sempre in grande sintonia con l’amministrazione comunale, aveva applicato al Parco delle Cave il “metodo Bosco”, il metodo del lavoro sul campo costante, tenace, continuo, il metodo della gradualità e dei piccoli passi, con i risultati straordinari che sono sotto gli occhi di tutti.Ma il Parco delle Cave è realizzato per meno della metà, la cava Ongari Cerutti ad esempio è ancora chiusa e inagibile, da riqualificare e recuperare a parco, da aprire all’uso dei cittadini, da aggiungere a un Parco delle Cave da ampliare a ben altra dimensione e ricchezza; e così, sui margini est e ovest, giacciono importanti progetti ancora non realizzati. Ma qualcosa era improvvisamente cambiato, la nuova amministrazione (come noto, del medesimo colore politico della precedente) non sembrava interessata ai progetti di completamento del Parco proposti da Italia Nostra; sembrava avere altre priorità, in parte legate a piccole clientele locali, in parte alla stramaledetta e imperante necessità della “politica” di un risultato e di una visibilità a breve termine.Preferiva, ad esempio, spendere i soldi (tanti) nelle feste del “Verde in Comune”, feste sbagliate e diseducative (e però coerenti con quella cultura del verde come sommatoria di “parchi dei divertimenti” che è sembrata un po’ la cifra di questa amministrazione; a proposito, ci è andata ancora bene, perché almeno l’operazione ruota panoramica al Sempione, tante volte riproposta e vagheggiata, non è andata in porto). E così Italia Nostra, che non poteva e non voleva rendersi corresponsabile di una politica del verde non condivisibile, è stata costretta a sgombrare il campo, con tutti i suoi bellissimi progetti di completamento del Parco, rimasti inattuati. Dai quali, ovviamente, si potrà ancora ripartire.Fosse almeno vero che il Comune di Milano si è davvero impegnato a ridurre il consumo di suolo: anche qui, abbiamo evidentemente un’idea diversa dei possibili effetti del nuovo PGT. Ma sono tante, troppe le valutazioni (a partire dalle più clamorose, quelle reiterate sulle competenze professionali uniche e specialissime, o sugli stipendi a costo zero) sulle quali è forse meglio tacere. In fondo, l’unico parere che conta l’hanno espresso i cittadini: il vento è cambiato.

Francesco Borella

FLORA VALLONE: IL MIO BILANCIO DI FINE MANDATO

5-7-2011

Milano si è impegnata a ridurre il consumo di suolo, a preservare e incrementare il verde esistente, raddoppiando, entro il 2015, il nu-mero di alberi e l’estensione delle aree verdi e la loro interconnessione, assicurando che ogni residente abbia a disposizione un giardi-no pubblico con aree attrezzate per i bambini a una distanza non superiore a 500 metri da casa. L’impegno è importante, precisa risorse da mettere a bilancio, richiama altresì spon-sorizzazioni e coinvolgimento dei cittadini.
Ma Milano può contare su uno start up già avvia-to negli ultimi quattro anni: oltre 200. 000 nuovi alberi pianificati, 70.000 nuovi alberi piantati (+ 40%), 2 milioni di metri quadrati di nuove aree verdi realizzate (+ 10%), circa 1 milione di metri quadrati di aree verdi pubbliche affidate ai privati (cittadini, agricoltori, Enti), un Partnerariato Pubblico Privato fortemente incrementato verso il coinvolgimento anche di nuovi soggetti, sia pubblici che privati, che consente – tra risparmi e contribuzioni – un vantaggio economico per l’Amministrazione comunale di diversi milioni di euro/anno.
Larga parte di questi obiettivi sono stati realizzati dal Settore che dirigo dal 2006, appositamente costituito per la Pianificazione integrata degli spazi aperti (piazze, strade, parchi, parcheggi, raggi verdi, …) anche in coordinamento con la società civile (Enti, associazioni, scuole, condomini, cittadini, …) e perciò appositamente affidato a un tecnico esperto (Architetto, specializzato in Architettura del Paesaggio, di pluriennale esperienza professionale su pianificazione e progettazione ambientale).
Le attività intraprese e i risultati che abbiamo raggiunti sono già stati presentati al Sindaco Pisapia e all’Assessore Maran che li hanno ben apprezzati, tanto da subito acconsentire ad attivarne alcuni strategici e praticamente pronti all’attuazione. I primi già assentiti sono: orti-giardino innovativi, colletta civica per la raccolta di fondi per nuovi alberi, collaborazioni con carceri e istituti scolastici, Partnerariato Pubblico Privato (PPP) in partecipazione con la Società Civile e con possibili “sponsor”, sempre più indispensabili per attivare obiettivi alti e sfidanti.
Altri ancora sono in fase di valutazione e riguardano: la piantagione di nuovi alberi in coordinamento con la posa di nuovi sottoservizi nelle vie cittadine, la diffusione compatibile e controllata di chioschi e attrezzature nel verde cittadino per renderlo più fruibile e sicuro, nuovi parchi sovracomunali, la definizione di un modello di governance per i parchi di cintura, finalizzato alla disseminazione in città/Expo, la compensazione CO2 sul territorio cittadino. E ad altri ancora. Tutti obiettivi innovativi e sfidanti già maturati anche nell’humus della partecipazione della Società Civile e quindi più che coerenti con gli obiettivi della nuova Amministrazione.
Facevamo un lavoro di Sinistra? Con una Giunta di Centro Destra? Non lo so, certo abbiamo attivato – i miei 40 collaboratori ed io – ascolto, competenza, perseveranza, agiti anche contro prassi e logiche superate, spesso con fatica e tempi lunghi oltre il previsto. Non è stato facile infatti portare gli agricoltori nei parchi di cintura, i condomini a occuparsi del verde fronte casa, le Associazioni a utilizzare spazi pubblici (con reciproco importante vantaggio, e – massimo – per il cittadino), gli sponsor a destinare denaro e opere alle iniziative per la città. Ma ci siamo riusciti (e molto è comunque ancora da fare).
Promuovendo anche la necessaria innovazione interna (sulle stesse risorse umane e strumentali in primis) abbiamo attivato un Settore che ha prodotto ricchezza, partecipazione, entusiasmo in cittadini sempre più pronti e desiderosi di essere coinvolti (moltissimi gli attestati di stima e ringraziamento che costantemente riceviamo). E siamo felici di aver verificato che ciò interessa anche la nuova Giunta, a dispetto anche dei molti che ci segnalavano timori di improvvisi cambiamenti di rotta sulle attività/risultati raggiunti.
Tutto ciò premesso, mentre mi accingevo a inviare questo pezzo ad ArcipelagoMilano, leggevo – con stupore – della decisione di licenziare tutti i dirigenti esterni e senza la valutazione “di merito e competenza” già annunciata dal Sindaco Pisapia e dal Direttore Generale Corritore. La decisione sembrava motivata dalla volontà di 1) dare un segno di discontinuità, 2) valorizzare le competenze interne alla Amministrazione comunale, 3) risparmiare sul costo degli stipendi.
Senza evidentemente entrare nel merito di altre considerazioni ma rimanendo alle sole tre suddette, e a puro titolo di cronaca, aggiungo solo che: 1) Sindaco e Assessore ci hanno confermato obiettivi e attività; nessuna invece discontinuità; 2) la mia competenza professionale e specialistica non esiste tra i 16.000 dipendenti comunali; 3) il mio stipendio è a costo zero per l’Amministrazione essendo ben superiore il vantaggio economico che apporto, pari a diverse volte lo stesso. Non dirò dei giovani e delle gonne (categorie cui pur appartengo), e attendo di capire. Comunque convinta che l’obiettivo di tutti debba rimanere sempre e soprattutto Fare il Bene Comune, per la Città, per i Cittadini, per la Qualità dell’Ambiente e della Vita, super partes.

Flora Vallone**già Direttore del Settore Arredo Verde e Qualità Urbana, Comune di Milano

 

Letture per l’estate

Vi propongo 4 recenti pubblicazioni, diverse per stile, approccio ma che possono essere o utili strumenti di approfondimento o piacevoli letture per l’estate

Serena Dandini, Dai diamanti non nasce niente. Storie di vite e di giardini, Rizzoli,326 pp., maggio 2011
Lettura piacevole per lo stile brillante e ironico di Dandini. Molte citazioni pertinenti, non manca nulla di quello che fa tendenza, forse un pochino superficiale se uno si aspetta dal libro di imparare qualcosa di più. Ma il giardino è anche un tema dove sono benvenute le esperienze personali e le piccole suggestioni. Dalla lettura ho fatto comunque alcune scoperte interessanti: a Saint Francisco la famosa isola-carcere di Alcatraz è diventato un giardino naturale sembra molto bello e interessante, il sito è http://www.alcatrazgardens.org; sono state pubblicate le ricette di Libereso Guglielmi a cura di Claudio Porchia e poi mi sono annotata due titoli che vorrei sfogliare, R. Harrison: Giardini. Riflessioni sulla condizione umana, Fazi, 2009 e C. Perrault (a cura di), La manière de montrer le jardins de Versailles, Petit Mercure, 1967

Francesca Marzotto Caotorta, All’ombra delle farfalle. Il giardino e le sue storie, Mondadori, 229 pp., aprile 2011 
Un libro più profondo che a partire dalle tante esperienze di progettazione e di viaggi botanici ci regala alcune riflessioni molto interessanti sui modi di fare il giardino e su quali scoperte si possono fare nelle diverse stagioni dell’anno. Ho trovato molto belli i capitoli sul colore, sulla luce e le osservazioni sul paesaggio, giardino di tutti.

Maury Dattilo, Folli giardinieri. Storie di amore e di verde. Pendragon, 253 pp. maggio 2011
Ancora storie, in questo caso in forma di ritratti di 14 ritratti di giardinieri appassionati e dei loro giardini: dai più famosi, come Miki Borghese,Libereso Guglielmi, Lauro Marchetti di Ninfa, a Alessandra Vinciguerra de La Mortella fino a quelli meno noti. Questi racconti ora sono la trama di una trasmissione radiofonica su Radio 3

Emanuele Bortolotti, Il giardino inaspettato. Trasformare angoli di cemento in spazi verdi, Electa, 215 pp., primavera 2011
Più tecnico e professionale il libro di Bortolotti raccoglie alcuni suoi recenti progetti di spazi di verde urbano che sono caratterizzati dal fatto di essere dei modi innovativi di riutilizzare  luoghi spesso tristi e residuali : vani tecnici trasformati dal verde, patii domestici, giardini pensili e tetti verdi, seminterrati, retri, cortili. Ben fatto, supportato da una buon apparato iconografico, il lavoro di Bortolotti si distanzia dalle consuete raccolte di lavori progettuali dei singoli paesaggisti, proprio perchè sceglie un tema preciso che è di estrema attualità oggi con lo spazio che è diventato sempre più una risorsa limitata e il verde in città un valore sempre più prezioso.

 

Giardini in viaggio Laura Pirovano