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Il blog di Laura Pirovano: appunti di viaggio, segnalazioni di giardini, proposte di plant design

Annalisa Metta, Selva e città, 3 marzo 2022. Intervento al XXXII Corso di aggiornamento del giardino storico di Padova

Alcune pubblicazioni di Annalisa Metta

Selva e città costituiscono nella cultura occidentale una coppia oppostiva e il ‘selvatico’ viene interpretato come ‘ciò che precede la nascita della civiltà e della città’.
Annalisi Metta, nella sua interessante e originale relazione, individua 4 livelli di separazione:

1. ESPULSIONE: con la nascita dell’insediamento urbano la natura viene collocata fuori dal recinto

2. REDENZIONE: tenere la città fuori dal recinto con l’insediamento dei primi grandi parchi urbani; la città diventa il luogo pericoloso e la natura elemento di salvezza da salvaguardare.
Ma anche in questo caso non c’è nessuna ibridazione tra i due elementi.

3. PRESTAZIONE+CONTROLLO: la natura diventa prestazionale, cioè collegata alla prestazione di servizi come la purificazione dell’aria e fortemente controllata con una confusione tra natura e verde.

4. CATTIVITA’: la natura come santuario, non toccata dagli uomini. Un esempio l’isola sopraelevata nel Parc Matisse a Lille progettato da Gilles Clément. Questa visione è ancora una interpretazione del rapporto duale tra selvatico e urbano.

Negli ultimi anni si assiste ad una tendenza alla dissolvenza di questo dualismo e la città si fa selvatica. Le pecore a Glasgow durante il primo lockdown ne sono un esempio.

La parola alla relatrice ‘Negli anni recenti in maniera sempre più pervasiva, la selva è introdotta nella città non solo come scena eterotopica per le evasioni della socialità urbana, ma come spazio dell’incontro con esistenze, volontà, fenomeni, situazioni, accadimenti, non solo umani. La selva urbana non è solo un luogo o una tipologia di spazio aperto della città (il bosco urbano, per l’appunto), progettato per evocare ambientazioni scenografiche naturalistiche, ma è soprattutto un comportamento, un ethos che coinvolge la totalità delle forme di vita con cui co-abitiamo e che si produce per ibridazione tra gli inneschi intenzionali del progetto e l’autodeterminazione del vivente. Le sue qualità emanano dall’intrecciarsi tra l’esogeno e l’indigeno, dalle combinazioni non del tutto prevedibili tra processi ecologici e sociali, dallo status esitante di una natura ordinaria che s’indovina degna, ma che,giacché incolta e indomita, confina ancora con lo scarto. Attraversando alcune tappe chiave della cultura del progetto paesaggistico contemporaneo, in questo incontro ci interrogheremo sui modi con cui la selva urbana rappresenta oggi un filtro con cui guardare in modo rinnovato al rapporto tra natura e città e con cui riorientarsi, muovendosi dall’idea che “il paesaggio è in quanto è visto” all’evidenza che “il paesaggio è in quanto agisce”.

 

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