A proposito di Maxxi e Macro. Rita Sicchi architetto paesaggista
E’ certo che la quantità (pare 40.000 mq) e la qualità degli spazi espositivi funzionanti nella capitale sono ragguardevoli e il confronto con la presupponente pochezza milanese in questo settore, mi rattrista sempre un po’. Tant’è, Maxxi e Macro sono spazi espositivi invidiabili per immagine e per funzionalità.
Maxxi, anche se realizzato solo in parte rispetto al progetto, appare come un’architettura straordinaria, nata da un “movimento”, da un segno flessuoso e armonico che si adagia e si insinua nel tessuto urbano, con le sue superfici chiare e luminose. Forme curve, realizzate con strutture in cemento armato a vista, vetro e acciaio, che integrano interno ed esterno in un dialogo senza interruzione di continuità. La progettista Zaha Hadid ha dichiarato l’intento di costruire un “campus urbano aperto alla circolazione pubblica”, un luogo di fruizione invitante, e così esso appare, per le sue linee formali e la distribuzione funzionale.
L’interno è strutturato con una grande hall a tutta altezza intorno a cui ruotano gli spazi. Non è organizzato per un itinerario prefissato come il Guggenheim di New York , ma la rete di percorrenze si presta a variazioni, non è fatta per ritornare sui propri passi, ma offre una molteplicità di visuali e scenografie arricchite dalla luce diretta proveniente dalla copertura completamente trasparente e dalle ampie vetrate.
In tutto ciò l’architettura trova anche delle interessanti integrazioni con opere di scultura-design, come i proiettori rossi appesi alla struttura interna di Maurizio Mochetti, o la presenza del grande imbuto nero di Anish Kapoor o l’affresco di Sol Levitt.
Un’architettura forte e originale che si presta ad accogliere opere ed installazioni con la flessibilità e l’adattabilità consona ad un museo di nuova concezione.
Altra cosa sono, ahimè, i difetti di gestione già descritti da Laura.
Il Macro, di Odile Decq, si presenta come un garbato e geniale intervento di integrazione e recupero di una struttura esistente (ex stabilimento Peroni), parte di un isolato inserito in un contesto urbano consolidato della città. Quindi un progetto con molti vincoli, risolto in maniera impeccabile.
Le parti nuove si intersecano a quelle recuperate in un linguaggio architettonico fresco, originale e molto raffinato.
Contrasti di colori, bianco, nero e rosso, usato per i materiali di costruzione degli interni, bei giochi di luci e trasparenze con l’utilizzo vi vetro e acciaio, la discreta presenza di tocchi di verde naturale per effetto delle cime degli ailanti visibili anche dall’interno della struttura.
Anche in questa realizzazione è interessante il rapporto tra gli spazi interni e quelli vuoti all’aria aperta, una grande terrazza polifunzionale a copertura dell’edificio ricostruito, una galleria trasparente a congiungere le diverse parti del museo.
Per una sosta ho trovato ragguardevole da tutti i punti di vista anche lo spazio bar! Insomma, direi che al Macro architettura e gestione risultano in piacevole assonanza.
Buona visita a tutti.
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